Gay & Bisex
Correva l'anno 3023 - 3
di adad
07.06.2019 |
6.415 |
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"“Perché allora continuiamo?”
“Perché ci piace, presumo..."
Erano passati un paio di mesi; ormai presi dalle loro ricerche sulla riproduzione nei tempi passati, Ay e Hur avevano continuato a vedersi tutti i giorni, ogni giorno aggiungendo nuovi elementi e nuove conoscenze al loro bagaglio di esperienze.Una volta, per esempio, avevano scoperto la piacevolezza di sfiorarsi le labbra e avevano continuato a farlo, ridendo di questo loro gioco fanciullesco; presto, però, avevano iniziato a scambiarsi piccoli baci a fior di labbra al momento del contatto; finché un giorno, del tutto casualmente, Hur aveva spinto la lingua nella bocca di Ay, scoprendo un universo di piaceri assolutamente nuovi. Ay al momento fu disgustato da quella improvvida intrusione e si era tirato indietro. Ma Hur ne era rimasto ammaliato e poco dopo ci aveva riprovato, consapevolmente stavolta; e stavolta Ay lo aveva accettato, le due lingue si erano sfiorate, si erano scoperte, si erano avvinte in un gioco più grande di loro. E così i baci erano diventati famelici, accompagnati da sospiri e mugolii di soddisfatto piacere. E altre cose avevano scoperto, per esempio che le loro appendici, un tempo amorfe, non avevano più bisogno di essere manipolate per raggiungere il giusto livello di turgore: bastava che le loro mani si sfiorassero, che loro due si toccassero, che si baciassero, perché i membri raggiungessero il parossismo, che essi stessi fossero presi da una frenesia incontrollabile, che si placava solo dopo che si erano svuotati l’uno nell’altro.
Ormai, quello che succedeva fra loro, non aveva più niente a che vedere con la loro iniziale indagine sul modo di riprodursi degli antichi: ormai quello che succedeva fra loro era fine a se stesso ed entrambi se ne rendevano conto, ma nessuno dei due aveva il coraggio di parlarne, forse per timore che tutto finisse, una volta chiarita la verità. Ma non si può barare in eterno con la propria coscienza.
“Mi sono reso conto di una cosa.”, disse un giorno Ay, il più sensibile dei due, come Hur era il più deciso e irruento.
Avevano appena finito di fare l’amore e se ne stavano sul letto nudi e abbracciati, sporchi dei loro umori e dei loro sudori mescolati.
“Cosa?”, fece Hur, carezzandogli la guancia con la punta delle dita.
“Che noi facciamo queste cose, ma a me non interessa più niente di come facevano gli antichi a riprodursi.”
“Adesso che mi ci fai pensare, neanche a me!”, ghignò Hur.
“Perché allora continuiamo?”
“Perché ci piace, presumo. Vieni qui.”, e presogli il volto fra le mani, lo accostò al suo dandogli un lungo bacio.
“Vorresti rinunciare a questo?”, gli chiese dopo.
“No, - bisbigliò Ay – né a questo, né a niente altro.”
“Bene, perché neanch’io lo voglio. E’ così dolce la tua bocca, è così tenero il tuo culetto, - e gli strinse con foga una natica – è così focoso il tuo cazzo… Non posso più farne a meno… Ti voglio, Ay, ti voglio tutti i giorni, mille volte al giorno… voglio essere dentro di te e voglio sentirti dentro di me…” e con queste parole, la
passione lo travolse nuovamente.
Passò un po’ prima che i sensi si acquietassero, gli uccelli svuotati si smollassero e il respiro tornasse normale.
“Il nonno del nonno di mio nonno, - disse Hur, quando furono di nuovo abbracciati, più sporchi e sudati di prima – raccontava di aver sentito dire una volta da suo nonno che un tempo, prima della Grande Guerra esisteva un sentimento che le persone chiamavano amore.”
“Amore?”
“Sì. E diceva che è un sentimento molto potente, più potente ancora dell’odio.
Un sentimento che unisce due persone e non le rende più libere di essere se stesse… un sentimento che rende felici quando siamo vicini, ed è peggio di un’agonia quando siamo lontani…”
Ay si volse a guardarlo con aria trasognata.
“E diceva anche, - continuò Hur – che senza l’amore una persona è morta, perché l’amore è il cuore che ci pulsa nel petto, è il sangue che ci scorre nelle vene; l’amore è l’aria che respiriamo, è il sole che ci scalda la pelle, è il vento che ci scompiglia i capelli…”
“Se davvero è tutto questo, - fece Ay - allora l’amore esiste ancora e forse esisterà per sempre, perché tu sei il cuore che mi pulsa nel petto, tu sei il sangue che mi scorre nelle vene.
“E tu sei la luce che mi fa strada nel buio…”, rispose Hur sorridendo.
“Quello che hai detto, è quello che provo per te.”, disse Ay.
“E che io provo per te.”
“Allora, il nostro è amore…”
“Sì, direi proprio di sì.”
“Ma come abbiamo potuto farne a meno fin’adesso? E come possono farne a meno tutti gli altri?”
“Finché non lo conosci, non ti rendi conto che ti manca, tesoro. Prendi noi,- proseguì Hur – siamo vissuti tranquilli, più o meno, per i nostri primi trent’anni; non conoscevamo l’amore e non ne sentivamo il bisogno. Ma adesso? Io morirei se dovessi rinunciare a te!”
“Io mi sento morire già solo all’idea…”, mormorò Ay, cercando conforto in un suo bacio.
Quel bacio riaccese nuovamente la passione fra i due. Ma stavolta Hur invece di correre a possedere l’amante, per quanto il suo cazzo teso lo reclamasse a gran voce, prese a percorrerne il corpo con baci e carezze, quasi volesse imbeversene fin nel profondo dell’anima. Gli mordicchiò con dolcezza i capezzoli, che reagirono con un subito turgore; affondò il volto nell’incavo delle ascelle, aspirandone con vera voluttà l’aroma muschioso. Ay si torceva e sospirava estasiato alle nuove sensazioni che tutto questo gli procurava, e quei sospiri erano nuova linfa alla lussuria selvaggia che ormai scorreva nel sangue di Hur.
Per questo, quando si trovò a poca distanza dal suo sesso turgido e sgocciolante, Hur non ebbe alcuna esitazione: lo afferrò con la mano e poggiò le labbra sulla cappella sbavata. Quel bacio lo rivitalizzò e gli sconvolse la testa; così, senza pensare, seguendo un puro istinto naturale, aprì la bocca e lo accolse dentro di sé. Il sapore e l’odore diedero il colpo di grazia alla sua residua razionalità: Hur chiuse gli occhi e non ebbe altro per la testa che succhiare e continuare a succhiare il cazzo dell’amico, dandogli tutto il piacere, che avrebbe potuto.
Ma la cosa non sconvolse di meno Ay, che, passato il primo sbalordimento, cominciò a sentire una voglia irrefrenabile di provare anche lui quel piacere, che traspariva dai grugniti di Hur, e nel contempo ripagarlo, procurandogliene uno identico.
Allora, muovendosi cautamente, per non disturbarlo, riuscì a rigirarsi, fino a trovarsi l’uccello di Hur pendente sulla sua bocca, come una spada di Damocle. Sul momento, l’odore del cazzo in calore e delle palle sudate lo disturbarono un po’, ma fu solo un istante: subito dopo, afferrò il bigolo maturo di Hur e lo spremette, lasciandosi colare il sugo sulla lingua. Il sapore amarognolo non lo disgustò; anzi, fu solo un gustoso aperitivo, visto che senza più pensarci, sollevò leggermente la testa e si veicolò in gola quanto più poteva di quel cazzo superbo.
Credo che sia inutile continuare a seguire i nostri eroi mentre si godono i frutti di questa nuova conquista: bene o male ci siamo passati tutti, magari non con la medesima partecipazione emotiva: dico solo che quando giunse il momento, non esitarono e gustarono fino all’ultima goccia il reciproco elisir, con l’unico rammarico che non era così abbondante, come avrebbero desiderato, avendone già attinto con larghezza nel corso dei giochi precedenti.
“Credi che anche al tempo degli antichi, facessero queste cose fra uomini?”, chiese Ay, quando tutto fu tornato normale e loro due riprendevano fiato, abbracciati sul letto.
“Non lo so. – rispose Hur – Ma se non lo facevano, non sapevano cosa si stavano perdendo!”
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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